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IRONMAN: I PROFESSIONISTI PRIMA DI ESSERE PROFESSIONISTI


Perchè siamo attaccati a livello-neurologico-quasi-preoccupante all'Ironman? Perchè non si dovrebbe? Ora vi spieghiamo perchè, in quanto sportivi, dovreste ripercorrerne i punti di svolta.

E' lo sport di endurance in cui si è visto, live, l'evoluzione da professionisti che erano atleti fortissimi ma che potevano cedere, no, cedere non è la parola corretta, direi collassare in modo così tremendo da farti realmente preoccupare delle loro condizioni di sopravvivenza di lì al resto della loro vita...fino agli odierni robot.

Sì perchè ora l'ironman è, sostanzialmente, come gli altri sport a livello professionistico cioè sono professionisti: vengono seguiti da nutrizionisti, preparatori e quant'altro com'è normale che sia ma c'è stato un tempo, G-L-O-R-I-O-S-O in cui ciò era mooolto lontano e l'Ironman, la finale di Kona, era il film che ogni sportivo avrebbe sempre desiderato vedere.

I professionisti, palesemente, affrontavano un qualcosa, a dei ritmi e livelli a cui il loro corpo non era così perfettamente preparato (come ora, nella maggior parte dei casi, ma si salva ancora qualche raro sussulto) così ci sono scene storiche che vi scongiuriamo di andare a recuperare su YouTube.

C'è Paula Newby Frazier, pluricampionessa iridata, che a 3 km dal traguardo collassa fino a dire, sdraiata, "I think I'm gonna die..." con una lucidità che chi la guardava le ha palesemente creduto e, a tutt'oggi, dopo aver visto il video, hai forti perplessità che sia sopravvissuta ma l'ha fatto, dopo circa un'ora stesa con la gente intorno che le passava roba da bere e quant'altro si rialzò e finì la gara...che classe.

C'è la storia della più grande, Chrissie Wellington, inglese, che arriva a Kona, nessun'altra Pro la conosce, le svernicia tutte e, da lì in poi non perderà nessun Ironman a cui parteciperà per poi ritirarsi per continuare la carriera umanitaria soli 4 anni dopo, dopo aver vinto tutto.

C'è il tedesco Normaan Stadler che, campione mondiale in carica, inizia allegramente a vomitare l'anima nella frazione bike per poi, a bordo strada, ritirarsi gridando improperi in tedesco e calciando la bici.

C'è Natascha Badmann, svizzera, 6 volte campionessa mondiale che, a uno degli ultimi Kona cui partecipò, cade in bici, il suo compagno-allenatore le dice di ritirarsi, lei non lo fa e rimonta in sella per altri 10 km per poi fermarsi perchè aveva la clavicola e la scapola frantumate in mille pezzi.

Ragazzi su YouTube c'è tutta la storia ed è una storia allucinante, emozionante e vera al di là di prestazioni sovraumane e numeri che, alla fine, sono numeri; qui invece troverete rischio e buttare il fisico oltre senza sapere cosa possa succedere (ma per tutto questo, cercare intorno agli anni 2006/2012, il resto è l'epoca robot...).



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